C’è ancora spazio per uno spirito poetico?

Per ragionare su un argomento poco di moda ma di grande importanza.

Poesia 1Il discorso che si vuole affrontare in questo articolo va al di là delle conoscenze personali in materia di poesia ma verte su una riflessione che chiunque può compiere con il proprio animo poetico.
Ragionare ed avere la consapevolezza di capire che ognuno è in grado di fare poesia perché, essendo questa pura arte, non ha bisogno di nessun riconoscimento, di nessuna scuola ma solo di carta e penna. La poesia è a portata di tutti ma nessuno quest’oggi sembra darle più la dovuta importanza.
Una domanda sorge spontanea: è ancora possibile la poesia in questa società trasformata dalle comunicazioni di massa?

La società in cui viviamo ha dimenticato questa esperienza personale dell’animo, ponendola in secondo piano. Dal Boom economico in poi sino ad arrivare ai giorni nostri, la poesia, soffre di una mancanza di notorietà dovuta allo sviluppo di nuove forme di comunicazione artistica.
Nell’ Era delle telecomunicazioni di massa, dove la TV (il mostro che azzera gli stimoli cerebrali, utile solo per informarsi grazie ai TG ed i pochi programmi interessanti) fa da padrone, il prodotto che si deve offrire deve essere un messaggio chiaro, semplice e divertente tale da coinvolgere il più possibile e fruttare il massimo rendimento.
La gente è attratta da questa nuova forma di fare arte, che la tiene incollata di fronte allo schermo. Più audience c’è, più questa macchina per fare soldi consolida la sua posizione di regina mediatica nel mondo dello spettacolo.

La triste verità è che sappiamo bene quanto si possa scendere a livelli demenziali. È quindi in corso un problema culturale di enorme portata perché si cerca di annientare ogni possibilità di riflessione personale, si cerca di indottrinare le menti delle persone così da portarle a non ragionare. La televisione è uno dei principali problemi che ci troviamo ad affrontare in questi anni. Autorevoli personaggi del nostro tempo discussero su questo tema. A tale proposito, può essere utile ed interessante ricordare come un grande scrittore e poeta del nostro tempo si espresse in merito. Eugenio Montale, in un discorso tenutosi all’accademia di Svezia durante la premiazione per il ricevimento del premio Nobel per la letteratura 1975, affermò:

Euterpe, musa della poesia

Euterpe, musa della poesia

«Sotto lo sfondo così cupo dell’attuale civiltà del benessere anche le arti tendono a confondersi, a smarrire la loro identità. Le comunicazioni di massa, la radio e soprattutto la televisione, hanno tentato non senza successo di annientare ogni possibilità di solitudine e di riflessione. (..) In tale paesaggio di esibizionismo isterico, quale può essere il posto della più discreta delle arti, la poesia?»

A questo storico interrogativo di Montale, che ha il sapore di una denuncia personale nei confronti di quella poca attenzione che il mondo mediatico e non dedica ormai a questo tema, troviamo risposta nelle parole di Maurizio Cucchi in un intervento su La Stampa del 21 gennaio 2003, intitolato “Il destino della poesia nella società moderna”. Egli afferma:
La società-spettacolo non vuole cancellare la nobile funzione della poesia, perché sa che ne avrebbe un ritorno d’immagine negativo. E allora, semplicemente, e per arrivare ai grandi numeri, fa della canzone il surrogato di massa della poesia… C’è però un fatto decisivo a conferma della presenza vitale, anche se occultata dai media più forti, della poesia, e cioè la fiducia tranquilla dei giovanissimi in questo genere espressivo. Qualche anno fa pensavo: com’è possibile che un diciottenne, oggi, affidi il meglio di sé alla poesia, in un mondo che tende a nasconderla? Ebbene, i giovani che scrivono versi, ma non per raccontare le sole sciocchezze in cuore e amore, sono tanti e pienamente persuasi. Investono il meglio di sé nell’energia insostituibile e nella verità profonda della parola poetica, e non gliene importa nulla dei vip televisivi e della cultura di massa. Li seguo da tempo, sono nati negli anni Settanta e ormai anche oltre. Sono loro il futuro della poesia, che non cederà certo il campo ai surrogati.

Abbiamo il dovere di parlare di “esperienza“ poetica che deve essere il frutto di un percorso interiore ma anche un modo di pensare e di rapportarsi alla vita. Questi giovani, elogiati da Cucchi, hanno la voglia di erigersi a portavoce di questa silenziosa, instancabile e vera rivoluzione. È l’ora di appartenere a questa “visione” di poesia, concepita come concetto di mente “libera” di pensare e di potersi esprimere nel miglior modo possibile. I giovani devono essere messi in condizione di poter rifondare il loro pensiero e la umile produzione di poesia può essere la ricetta infallibile per curare questa mancanza di notorietà, questo buco nero che si è venuto a creare col passare del tempo. Ragionare, pensare con la nostra testa ed essere liberi da condizionamenti mediatici, può aiutare la nostra società. E la poesia, l’arte del pensare, del pensare bene è il primo passo da compiere.

Matteo Morgante

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