I Comandamenti di Benigni

di Antonella Policastrese — 

Benigni 1La Bibbia, se la compri dalle “Edizioni Paoline” costa solo 9 euro (così come era riportato in un tweet dopo la messa in onda dei “Dieci comandamenti” secondo Roberto Benigni). Se la porti via dall’albergo è gratis. Se ti fermano per strada i testimoni di Geova, te ne fanno omaggio di una copia, seppure nella versione che utilizzano loro.
Se invece del sacro testo vuoi sentirne parlare in televisione dallo strapagato comico toscano, devi mettere in conto che ogni comandamento contenuto nel Decalogo da lui commentato, interpretato e anche, perché no, mistificato in chiave propagandistica, avrà un costo di 400 mila euro cadauno. Perché la Rai a Roberto Benigni, secondo alcune testate giornalistiche, per il suo show sul tema dei Dieci Comandamenti, avrebbe corrisposto ben 4 milioni di euro netti per due puntate. C’è da chiedersi se aggiudicarsi all’asta l’Arca dell’Alleanza, cioè il sacro contenitore del Decalogo, eventualmente ritrovato, sarebbe costato di meno.

E non basta. dopo lo show, andato in onda lo scorso mese di dicembre, Benigni si è esibito in Vaticano alla presentazione del libro “Il nome di Dio è misericordia” scritto dal giornalista Andrea Tornielli. Questo Papa, che il comico toscano definisce “rivoluzionario”, è arrivato sul Soglio di Pietro dopo l’interregno di Ratzinger alla morte di Karol Wojtyla, che a Roberto Benigni pare non ispirasse, quantomeno, siffatti sentimenti di stima, ammirazione e devozione e che menzionò con l’epiteto di Wojtylaccio.
Che Bergoglio consideri Benigni pari a un valentissimo e arguto teologo prestato alle scene per divulgare il Verbo tra gli umili tele-utenti digiuni da evangelizzare a ogni costo e con ogni mezzo? A ogni costo, è il caso di dirlo, è sicuramente quello che avranno pensato alla Rai nel momento in cui hanno scritturato il comico toscano affinché armeggiasse, a suo modo, con i Dieci Comandamenti e a fronte, se è come dicono taluni giornali, di ben 2 milioni di euro netti a puntata.
Tutto questo in tempi di misericordie, di ristrettezze economiche per le famiglie, di tragedie dell’immigrazione, di guerre e di divisioni sociali che non hanno precedenti nella storia. Ma tutto questo accade anche nel tempo in cui i tele-utenti, da evangelizzare o meno (solo sulle reti Rai, con la quale Benigni ha un rapporto professionale esclusivo), fruitori o meno dei programmi trasmessi dalla televisione di Stato, saranno definitivamente e tassativamente costretti a pagare il canone della Rai con la bolletta della luce. Da quei soldi “estorti” ai contribuenti dovranno dunque uscire parte dei compensi destinati a impinguare le casse di uno degli uomini più ricchi d’Italia, il cui cachet artistico medio, da almeno mezzo secolo, viaggia intorno ai 500 mila euro a ingaggio.
C’è dunque misericordia e misericordie e naturalmente c’è distinguo tra i “misericordiati”. Nell’era della terza Repubblica ti potranno tagliare anche la luce se non paghi il canone, cioè se non contribuisci al compenso milionario in favore di gente come Roberto Benigni, Luciana Littizzetto, Fabio Fazio, ma anche se non garantisci la tua parte per costituire il salario in favore dei giornalisti televisivi della Rai, cioè di coloro che in pochi anni, con un livello di sfacciataggine inaudito e mai raggiunto dal 2008 a oggi, hanno trasformato l’informazione in propaganda.

2 pensieri su “I Comandamenti di Benigni

  1. Lettura parziale della realtà che rivela un bifolco intento populista per adescare con la demagogia l’attenzione e il tifo di menti limitate .Evidentemente le qualità artistiche e intellettuali di alcuni persone fanno invidia. Strano che l’indignazione di questi moralisti da quattro soldi rimane sempre paralizzata rispetto ai lauti guadagni di qualche subrettina il cui cervello ha solamente il compito di far ritmare il culetto

    • Il trito e ritrito tentativo di distruggere il personaggio famoso di turno ad opera di pennivendoli da strapazzo è ormai una attività entrata nella sociologia. Insultare pubblicamente la star del momento è un modo per esorcizzare la propria nullità di cui evidentemente certi scribacchini ne sono pienamente coscienti. Un po’ come scarificare sull’altare la giovane vergine per sperare nella benevolenza dal dio a noi caro.

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